sabato 26 gennaio 2013

Sibari andava salvata prima

Torno ad occuparmi del caso di Sibari, tra l'altro poco o per nulla discusso sui media nazionali. Con un taglio ed un tono diverso dal precedente post.
18 gennaio 2013: sul sito della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria si legge un lapidario avviso: 

Nelle prime ore di stamani il fiume Crati ha rotto l'argine all'altezza del Parco del Cavallo a Sibari ed ha sommerso sotto metri d'acqua l'area archeologica.

L'emergenza è in corso e ancora non si può prevederne la fine né valutarne le conseguenze sul patrimonio archeologico. 

Poi nient'altro. Ma forse, visto che il sito archeologico di Sibari è il più importante della Calabria e direi trai maggiormente rilevanti in Italia, non era necessario prevenire? Il sito è adiacente al fiume, come è percepibile dall'immagine sottostante:


La storia dello scaricabarile burocratico e del mancato intervento (in particolare della sottovalutazione della gravità della situazione) di chi di competenza potete leggerla qui. Il succo è che, dopo la richiesta d'intervento del sindaco di Cassano del 10 dicembre scorso, per la messa in sicurezza degli argini del Crati e dell'Eiano, non si è mosso nulla. 
Pare inoltre che ad agevolare la fuoriuscita dell'acqua del Crati sia stata la presenza di agrumeti in terreni che non dovrebbero essere coltivabili, in quanto compresi nella zona demaniale o in zona di rispetto del parco archeologico. In buona sostanza, potrebbero essere abusivi.
Oggi si chiede l'intervento dello Stato dopo la catastrofe. Ma cosa si è fatto prima? Si è tutelata la ricchezza costituita dal parco? Si sono finanziati progetti di scavo per un area che potrebbe ancora svelare molto (ci sono numerose zone potenzialmente interessanti e non scavate) e trasformare Sibari in una ricchezza per l'intero Paese? Si sono sviluppate politiche che attraggano turismo verso l'area, magari per portare ricchezza alla regione? Mi chiedo ancora: i soldi per la messa in sicurezza del territorio dove sono stati investiti? 
Due cose sono rimaste alla Calabria su cui puntare per una crescita economica e socioculturale: il mare e le tracce della Magna Grecia. Entrambi sono sempre stati maltrattati sia dai cittadini che dalle istituzioni. Non sono mai state adottate politiche serie per la valorizzazione e la conservazione di queste risorse. Adesso si piangono i soldi.
Non ci si può ricordare dei miti del passato classico solo quando conviene, forse per non guardare in faccia la realtà e nascondere la testa sotto la sabbia; << se poi volete fare come gli struzzi, affar vostro. Ma io ve ne sconsiglio. Non è con la retorica che si progredisce >> diceva Pasolini ai Calabresi. 
E' giusto salvare Sibari dal fango. Dobbiamo farlo per la nostra dignità nazionale, per mostrare un segno, seppur estremo, di civiltà. Per la nostra storia che va curata e tramandata. Io l'appello per il salvataggio di Sibari lo firmo ed invito tutti a fare altrettanto. Ma non lo faccio per amore di quelle istituzioni che riceveranno il finanziamento, ma per amore della cultura, per sottrarre le tracce importanti della Magna Grecia dalla melma dell'ultima inadempienza di chi, quando sente Magna, forse pensa subito al denaro. 


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